La culla delle tagliatelle e il balcone della Valmarecchia. Alla scoperta di Sartiano
Quattro cittadini di Sartiano raccontano della loro vita nel piccolo borgo

Di Riccardo Valentini
Oggi scopriamo Sartiano, frazione del Comune di Novafeltria. La cittadina si raggiunge da Novafeltria, direzione Perticara: dopo un paio di km, superata la località “I Sabbioni”, si gira a sinistra per raggiungere questo splendido borgo antico. Il tratto di circa 2 km che passa da Ca’ Angioletto fino ai piedi di Sartiano è una via conosciuta dai cicloamatori: fino a due anni fa faceva parte del percorso della “Nove Colli”. Sartiano si raggiunge anche da “Le Porte”.
A nostro avviso Sartiano detiene due primati:
In primo luogo il panorama più bello. Qui si può godere la vista più bella della valle: non a caso Sartiano è definito anche il balcone della Valmarecchia. Nelle giornate con poca foschia si può tranquillamente anche vedere il mare della Riviera.

Il secondo primato riguarda…le tagliatelle. A Sartiano si mangiano le tagliatelle più buone della Romagna, quindi azzardiamo: d’Italia. Peraltro Sartiano negli ultimi quattro anni ha conquistato i primi posti alla “Sagra della tagliatella”. Ne parleremo.

Quando i cognomi delle famiglie prestavano il nome alle località
Pur essendo un piccolo borgo, il territorio della Parrocchia di Sartiano è molto vasto: parte da Ca’ del Vento e Ca’ Bugòs, che sono praticamente a Novafeltria, fino ad arrivare a Ca’ del Gallo, vicino a Perticara. Attorno a Sartiano, sparsi sulla collina affacciata su San Leo e Maiolo, troviamo tante piccole aggregazioni di poche case, tutte denominate con il Ca’, abbreviazione di casa.
Durante la nostra escursione ne abbiamo incontrate diverse: Ca’ del Vento, Ca’ del Gallo, Ca’ Angioletto, Ca’ Agostino, Ca’ Drolo, Ca’ Gianessi, Ca’ Francescone, Ca’ del Buono, Ca’ Mucciolino, Ca’ Raffalione, Ca’ del Turco, Ca’ di Celli, Ca’ del Biordo, Ca’ del Bianco, Ca’ di Goro, Ca’ Bugòs. Oltre a La Villa, Il Raggiolo, Porto, l’Osteria Bruciata e San Biagio.

Però anche Sartiano, e questo è un male che affligge tutto il territorio dell’Alta Valmarecchia, ha subito un importante spopolamento. Attualmente nel borgo principale di Sartiano, nel “cuore” di questa località, si contano solo sei abitanti. Durante la nostra escursione in bicicletta a Sartiano e nei borghetti, ne abbiamo incontrate quattro. Quattro straordinari sartianesi.
La storia di Matteo e il suo amore per la terra
Il primo nella località La Villa, agglomerato di qualche case a circa 500 metri dal “capoluogo” Sartiano: qui abita Matteo Cantori, un “ragazzone” di 44 anni, che nonostante l’età ancora “verde”, è la memoria storica di questi luoghi.

Ci racconta che ai tempi d’oro, negli anni ’30 e ’40, a Sartiano risiedevano 120 famiglie: fra zona alta e zona bassa vivevano un migliaio di persone. Oggi sono qualche centinaia. Lo spopolamento ha radici profonde: la chiusura della Miniera Montecatini di Perticara. Da Sartiano, ogni mattina, partivano a piedi 75 lavoratori.
Matteo ci spiega inoltre che la denominazione di queste piccole aggregazioni di case, prendevano il nome delle famiglie che vi vivevano: oggi La Villa potrebbero dunque chiamarsi “Cà Cantori”.
Nel caso de La Villa, era in realtà un vecchio possedimento dei Fregoso di Sant’Agata Feltria: in origine Sartiano faceva parte del Comune di Sant’Agata Feltria.
Matteo ha scelto di continuare a vivere a Sartiano amando questi luoghi e per continuare le tradizioni contadine tramandate dal nonno, in controtendenza con quanto fatto dagli altri giovani: se ne sono andati via tutti, tranne lui. Con passione e orgoglio continua a lavorare nell’azienda agricola di famiglia. “Le mucche non le tengo più, mantengo un piccolo podere e un gregge di pecore, faccio del formaggio, del pane e la spianata cotta nel forno a legna come da tradizioni di una volta. Ho il mio piccolo giro di clienti qua del posto“, racconta.
Poi orgogliosamente mostra l’arcata principale della propria vecchia casa: da una parte, in numeri romani, è scritta la data del 1668. C’è poi, tra le scritte in latino, “Ostium non Hostium”: la porta non è il nemico, a indicare l’ospitalità della famiglia. In pratica è la casa degli amici.

Anna, fuoriclasse della Tagliatella
Dopo aver salutato Matteo, ci spostiamo di qualche centinaia di metri e raggiungiamo Ca’ di Goro. Qui abita Anna Ospici, 77 anni, specializzata nella realizzazione di tagliatelle fatte in casa, con le uova delle proprie galline. Per anni ha lavorato al ristorante Antinori, nel borgo di Sartiano, rinomato per le sue speciali tagliatelle e chiuso da diversi anni.

Anna ha accettato la proposta della Pro Loco di Novafeltria di partecipare a Poggio Torriana alla “Sagra della tagliatella”, per sfidare le rappresentanti di diverse Pro Loco della Romagna. Anna ha partecipato per 4 anni e dopo un secondo posto, ha inanellato tre vittorie di fila.
Anna è una fuoriclasse della tagliatella, una tradizione qui a Sartiano, tanto che a fine luglio veniva celebrato anche “Il Festival della tagliatella”. “L’ultimo anno abbiamo fatto 1200 uova di tagliatelle. Purtroppo dopo il Covid non si è più fatta“. Le ultime tre edizioni del festival, guarda caso, le ha vinte proprio Anna: prima con la signora Caterina Mazzoni, che purtroppo oggi non c’è più, poi con la figlia Roberta.

Scendiamo da Ca’ di Goro fino a raggiungere il Borgo di Sartiano. È doverosa la sosta a San Biagio (il borghetto nel borgo), posto nel punto più in alto di Sartiano: pochissime case, una terrazza panoramica e sopra, maestosa, domina la piccola chiesa di San Biagio, risalente al XVI secolo. Sembra quasi messa lì, appositamente, a vegliare su tutta Sartiano.

Mario, Cicerone del borgo di Sartiano
Incontriamo Mario Celi, che gentilmente ci fa da Cicerone all’interno della Chiesa, ristrutturata un paio di anni fa. Quest’estate anche il vescovo della Diocesi Montefeltro-San Marino ci ha celebrato Messa, racconta con soddisfazione Celi. L’esterno della Chiesa è curato: c’è un prato verde e l’erba è appena tagliata. In precedenza sono stati creati degli scalini “naturali”, usando le pietre. Il prossimo lavoro sarà la sistemazione della recinzione in legno. Se ne occuperà Mario, volontario appassionato per la sua Sartiano, un grande spirito non fiaccato dagli ottant’anni di età.
Maro ci apre le porte della Chiesa: notiamo la capriata ben curata e il tabernacolo in legno dorato a forma di tempietto.
Nella Chiesa sono conservati quattro grandi pale seicentesche, di cui una in particolare attribuita al giovane Cagnacci, che raffigura il transito di San Giuseppe con Gesù giovanetto e sua madre Maria. In una nicchia è collocata la statua di Santa Barbara, patrona dei minatori, acquistata grazie ad una sottoscrizione di tutti i minatori di Sartiano.
Non mancano i quadretti che raffigurano la via Crucis. Il nostro sguardo si sofferma sulla foto di un uomo, evidenziata da una cornice moderna. È Primo Guazzarini, deceduto l’estate scorsa. Anche Primo era un custode volontario di San Biagio ed è stato giustamente ricordato.

Sulla destra, a fianco dell’ingresso, scendono le tre corde delle campane. Mario le suona appositamente per noi: in passato venivano suonate per dare l’allarme, ad esempio per avvertire i sartianesi dell’imminente arrivo di un temporale. “Quando ero piccolo – spiega Mario – ricordo che al posto delle corde c’erano delle catene: arrivò un temporale, una bimba di 7 anni si precipitò a tirarle, quando un fulmine colpì le campane. Le catene fecero da conduttore e la bambina morì folgorata“.
Salutiamo il gentile e ospitale Mario e continuiamo il nostro giro in bicicletta, arrivando nel “capoluogo” Sartiano. Scendiamo dunque da San Biagio: pochi metri, al massimo 200, ma la discesa si fa subito molto ripida.
Il primo immobile che incontriamo è quello in cui si trovava il ristorante Antinori, quello delle tagliatelle “più buone del mondo” (ci permetterete questa valutazione). Oggi il ristorante è chiuso, ma lo street-artist di Novafeltria Jodypinge ha voluto rendere omaggio alla tradizione, dipingendo un magnifico murale, con una donna che tira la spoglia.

Continuando sulla stretta stradina, fatta di ciottoli, ci immergiamo nel centro di Sartiano, che troviamo deserto. Una cartolina, un quadro, dove tutto sembra fermo: regna la pace e la calma. Le case, perfettamente ristrutturate e ben curate, si dispongono in due file lungo la strada, a metà una piazzetta.
Improvvisamente appare un “nonnino” con il quale iniziamo un breve dialogo.
Sartiano che fu: le memorie di nonno Giuseppe
Il nonnino si chiama Giuseppe Merli e ha 93 anni. Sembrano parole scontate, ma davvero, non li dimostra. Oltre a essere lucidissimo sta bene anche fisicamente: cammina benissimo, anche nelle salite più ripide. Abita qui dal 1947: “In quegli anni qui era tutto pieno perché c’era la miniera di Perticara, poi con la chiusura della Miniera c’è stato lo spopolamento. Parecchi sono morti e i giovani sono andati via, qui siamo solo in 6, la mia famiglia siamo in 3 una coppia di giovani che abita sotto il campanile e una ragazza, è pensare che una volta qui nel Borgo eravamo 67 ma Sartiano è molto sparso”. Giuseppe si riferisce ai tanti Borghi di cui abbiamo parlato prima.

Prima di salutarci, ci ricorda che qui “Si sta molto bene, c’è poca confusione e c’è l’aria buona“. Giuseppe guidava l’automobile fino a poco tempo fa, ora un problemino all’occhio lo ha costretto a rinunciare ai viaggi a Novafeltria per la spesa: adesso ci pensa sua figlia.
Borghi destinati a scomparire
Concludiamo con una riflessione sullo spopolamento che hanno subito i borghi della Valmarecchia che abbiamo visitato e dei quali vi abbiamo parlato in questi reportage.
I borghi di Bascio, Torricella e Libiano hanno tutti subito importantissimi spopolamenti. Vi abitano in prevalenza persone anziane e di questo passo, tra qualche anno, saranno completamente deserti.
Tutti i giovani cercano appartamenti in città, che hanno costi esorbitanti. I prezzi di mercato per questi borghi sono ovviamente stracciati. La Valmarecchia non offre i posti di lavoro che la città garantisce. Ma offre uno stile di vita migliore. Il fascino di questi borghi è innegabile e va evidenziato un ulteriore aspetto: la cordialità, l’ospitalità e la genuinità delle persone che abbiamo incontrato sono espressione di valori che oggi in città sono veramente difficili da trovare.